Capita di stare a sinistra, ormai è da anni che so come funziona e prima o poi capita a tutti
Può essere che stia pensando quando all'improvviso un fastidio mi desta.
Cazzo... è arrivato il re!
Siamo in tanti stasera e non mi sembra giusto.
Non dovrei farmi prendere dall'istinto, dovrei fare la brava bambina e fare come il re si aspetta che faccia, ma io sono io, anche nella stupidità.
Faccio finta di niente, si accorgerà di come stanno le cose e mi lascerà in pace fino a nuove possibilità per entrambi.
Mi sbaglio, non mi molla e continua a pretendere.
Fastidio.
Valuto velocemente tutti i pro e i contro dell'idea malsana che ho in mente e poi lo faccio, bruscamente e all'improvviso.
Hai capito testa di cazzo? Vedi di startene calmo perché rischi parecchio. Ti è andata male per adesso ma appena decido che lo potrai fare, lo farai.
Non posso fare a meno di guardarlo spesso, voglio solo accertarmi che gli sia bastato, e infatti mi sta cautamente lontano.
Massive: non c'è ascolto migliore dopo una sottile riuscita
Il rollio che fino ad un attimo prima mi eccitava adesso mi rilassa. Ascolto il suono come d'abitudine, se c'è bisogno di me sono qui apposta, ci guadagnamo entrambi.
Una volta va bene, la seconda ti faccio capire che intenzioni ho, ma alla terza...
Passo al piano B.
Con un po' di fortuna mi prenderò un'altra lieve soddisfazione.
Devo fargli credere che ha vinto, che lui è forte, potente, aggressivo, e io invece ho tanta tanta paura...
In realtà ne ho, parecchia, ma ho imparato a canalizzarla a dovere e trasformarla in fermezza.
Si tratta di minuti, frazioni di secondi e ormai è troppo tardi per cambiare idea. Non voglio cambiare idea.
Attendo il momento propizio (soprattutto per lo scopo che ho in mente) e lo faccio avanzare.
Nonostante la scarsa luce cerco di farmi un'idea del soggetto, potrebbe non servire a niente ma è meglio essere prudenti, ci sono varie tipologie di teste calde animati da istinti diversi.
Prudenza...che ironia la mia.
Mezza età, ben piantato, non mi degna di uno sguardo ma è una finzione, lo so. Nel 99 % dei casi l'indifferenza è una tattica che si impara a riconoscere da apparenti, insignificanti indizi.
Adesso che sei dove volevi stare è tutto a posto vero? Col cazzo, adesso tocca a me.
Sapore di adrenalina liquida, freccia a sinistra, accellero, scalo e lo raggiungo.
Lampeggio e lampeggio e lampeggio ma ti prego non ti muovere, voglio fartelo sentire... Dimmi cosa provi a fare la femmina... Non sarà grosso come il tuo ma le palle ci sono, belle tese e fertili.
Mi lascia passare.
Peccato.
160-150-140-130 battiti.
Il mio cuore decellera.
.
20121111
20121102
Mosca
Di Micheal Jackson ne avevamo parlato così, tanto per sciogliere il ghiaccio, non era poi tanto importante che a me non piacesse per svariati motivi, ma lui sentì il bisogno di farmi cambiare idea.
Ero stanca. Dopo quattro anni filati di libera lotta mentale sentivo il bisogno di rifugiarmi in un luogo virtuale defilato e anonimo. Mi soffermai ad osservare per qualche giorno un social di seconda categoria e, quando capii che sembrava fosse fatto apposta per utenti fuggiti dal ghetto, mi aggregai.
Mosca è una città puttana. Troppo diversa da me, si divertiva a spengere i miei focosi entusiasmi con secchi di acqua gelata. Prima mi attirava in rifugi semi luminosi (poiché la troppa luce non fa per me), mi convinceva a restare, mi baciava dolcemente il collo, me lo cingeva. E poi stringeva. Mi osservava soffocare mentre scalciavo e piangevo e solo allora decideva di lasciarmi andare.
Tanto lo sapeva già che sarei tornata.
E il gioco ricominciava.
Attirò ben presto la mia attenzione con i suoi pensieri carichi di pioggia e la sua intimità incomprensibile. Mi sentivo "pedinata" ma davo la colpa al mio passato ed alla paura di essere diventata irrimediabilmente paranoica.
In punta di piedi, con la leggerezza di un acrobata, si insinuò nel mio monolocale virtuale. Mi osservava da una porta socchiusa, dalla finestra di fronte nascosto da una tenda consumata, mentre io facevo finta di non aver capito.
Mosca mi aveva trovato anche lì. Aveva preso altre forme ma io l'avevo riconosciuta e già mi sentivo bagnare tra le gambe. Decisi di attaccare per difendermi, io con la spada sempre pronta, la lucidai e attesi la sua mossa.
Dolcissima e decisa mi porse il fodero ma prima la accarezzò, si tagliò appena e mi offrì una goccia del suo sangue.
La lasciai lì, da sola, ostentando una falsa sicurezza e altera me ne andai.
Tanto lo sapevo già che sarebbe tornata.
Lui era lì, mi aspettava e mi invitava a giocare. Lasciala stare Mosca, mi diceva, scendi con me, c'è un posto che ti voglio mostrare, vieni a vedere come sono io.
Le (sue) scale in discesa erano ripidissime, dovevo aggrapparmi alle pareti per non cadere rovinosamente a terra. Scendevo piano piano e pensavo che stavolta no, non avrei avuto la forza di rialzarmi ancora, non in quel momento.
Il suo io era scuro più della notte più nera e gli servivo per fare luce, ma una parte di lui era tentata di imprigionarmi lì, spegnermi e rendermi simile. Sembrava che mi conoscesse, che sapesse dei miei maestri mafiosi, feccia della peggior specie, sapeva che mi avevano allevato a bastonate e quanto fossero stupiti ogni volta che mi rialzavo e mi rimettevo nuovamente in posizione di combattimento. Avanti, colpite!
Mi feci aspettare parecchio, lui con la valigia già pronta non ebbe difficoltà a convincermi e partimmo: Mosca.
Non ci volevo credere.
Mi lasciai avviluppare in un abbraccio morbido e tristissimo e in quel momento, forse, lo avrei seguito fino all'inferno.
Ma lui mi accompagnò sulla soglia e mi chiuse piangendo la porta in faccia. Me ne andai sapendo che non aveva avuto il coraggio di dannarmi ad un destino di amore e morte e lasciò una canzone al posto suo.
Lo amai disperatamente per un momento.
Non ti fidare mai di Mosca, è una squillo di lusso che ti invita a godere, gettandoti in un letto sfatto con altri come te, ma lei non partecipa. Mai.
Ero stanca. Dopo quattro anni filati di libera lotta mentale sentivo il bisogno di rifugiarmi in un luogo virtuale defilato e anonimo. Mi soffermai ad osservare per qualche giorno un social di seconda categoria e, quando capii che sembrava fosse fatto apposta per utenti fuggiti dal ghetto, mi aggregai.
Mosca è una città puttana. Troppo diversa da me, si divertiva a spengere i miei focosi entusiasmi con secchi di acqua gelata. Prima mi attirava in rifugi semi luminosi (poiché la troppa luce non fa per me), mi convinceva a restare, mi baciava dolcemente il collo, me lo cingeva. E poi stringeva. Mi osservava soffocare mentre scalciavo e piangevo e solo allora decideva di lasciarmi andare.
Tanto lo sapeva già che sarei tornata.
E il gioco ricominciava.
Attirò ben presto la mia attenzione con i suoi pensieri carichi di pioggia e la sua intimità incomprensibile. Mi sentivo "pedinata" ma davo la colpa al mio passato ed alla paura di essere diventata irrimediabilmente paranoica.
In punta di piedi, con la leggerezza di un acrobata, si insinuò nel mio monolocale virtuale. Mi osservava da una porta socchiusa, dalla finestra di fronte nascosto da una tenda consumata, mentre io facevo finta di non aver capito.
Mosca mi aveva trovato anche lì. Aveva preso altre forme ma io l'avevo riconosciuta e già mi sentivo bagnare tra le gambe. Decisi di attaccare per difendermi, io con la spada sempre pronta, la lucidai e attesi la sua mossa.
Dolcissima e decisa mi porse il fodero ma prima la accarezzò, si tagliò appena e mi offrì una goccia del suo sangue.
La lasciai lì, da sola, ostentando una falsa sicurezza e altera me ne andai.
Tanto lo sapevo già che sarebbe tornata.
Lui era lì, mi aspettava e mi invitava a giocare. Lasciala stare Mosca, mi diceva, scendi con me, c'è un posto che ti voglio mostrare, vieni a vedere come sono io.
Le (sue) scale in discesa erano ripidissime, dovevo aggrapparmi alle pareti per non cadere rovinosamente a terra. Scendevo piano piano e pensavo che stavolta no, non avrei avuto la forza di rialzarmi ancora, non in quel momento.
Il suo io era scuro più della notte più nera e gli servivo per fare luce, ma una parte di lui era tentata di imprigionarmi lì, spegnermi e rendermi simile. Sembrava che mi conoscesse, che sapesse dei miei maestri mafiosi, feccia della peggior specie, sapeva che mi avevano allevato a bastonate e quanto fossero stupiti ogni volta che mi rialzavo e mi rimettevo nuovamente in posizione di combattimento. Avanti, colpite!
Mi feci aspettare parecchio, lui con la valigia già pronta non ebbe difficoltà a convincermi e partimmo: Mosca.
Non ci volevo credere.
Mi lasciai avviluppare in un abbraccio morbido e tristissimo e in quel momento, forse, lo avrei seguito fino all'inferno.
Ma lui mi accompagnò sulla soglia e mi chiuse piangendo la porta in faccia. Me ne andai sapendo che non aveva avuto il coraggio di dannarmi ad un destino di amore e morte e lasciò una canzone al posto suo.
Lo amai disperatamente per un momento.
Non ti fidare mai di Mosca, è una squillo di lusso che ti invita a godere, gettandoti in un letto sfatto con altri come te, ma lei non partecipa. Mai.
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