Tratto da: Il Sindaco del Rione Sanità (commedia di Edoardo De Filippo, 1960)
Questa trascrizione, faticosa ma fatta con estremo piacere, vuole essere uno spunto di riflessione sul concetto di verità della legge e della giustizia. Verità che è sempre unica e assoluta da qualunque parte si scelga di stare. Piuttosto vincolata dalle condizioni sociali, familiari e ambientali di ognuno di noi, soprattutto in un paese come il nostro.
Ci aiuta inoltre a capire quanto sia impossibile "il giudicare".
Atto I
Dottore: Don Antò... finalmente ho capito. Ho capito chi siamo io e voi. Io un incosciente fesso e voi un demente.
Don Antò: Io sono "tremendo"? non ho capito quello che avete detto...
Dottore: Siete un pazzo, un illuso, ecco cosa siete. E io sono uno sventurato che a 32 anni ha avuto la disgrazia di incontrarvi, di credere in quello che dicevate, di seguirvi, di aiutarvi e che ora si trova a 64 anni, vecchio, deluso e riconcoglionito!
Ma trent'anni rappresentano la vita di un uomo! E noi li abbiamo spesi per proteggere una rete di deliquenti che fanno vergogna al nostro paese. Abbiamo rischiato la galera io e voi, non una, ma milioni di volte, per agevolare una classe di uomini spregevoli e abbietta che poi è la vera piaga di una società costituita.
Don Antò: è la vera vittima, volete dire!
Dottore: Vittima?
Don Antò: Eh è naturale! Perchè si tratta di gente ignorante e la società mette a frutto l'ignoranza di questa gente...
Professò, sui reati e sui delitti che commette l'ignoranza si muove tutto un ingranaggio della macchina mangereccia della società costituita.
L'ignorante è una cartella di rendita. Voi mettetevi un ignorante vicino e campate di rendita per tutta la vita. Ma l'ignorante ha capito. Ehh chisto è u guaio! Ha capito che chi "tiene i santi" va in Paradiso: pensa: se io vado in tribunale per appianare questa vertenza, con tutto che ho ragione, la parte avversaria o si serve dei probabili santi che tiene in Paradiso o presenta quattro testimoni falsi, i quali, voi lo sapete, stanno fuori dal tribunale, aspettano la chiamata: si affittano!
"Non dire falsa testimonianza" questo lo ha detto Gesù Cristo. Per dirlo Lui è segno ca si faceva già da allora e si fa ancora. Il magistrato che può farci? "Giurate di dire tutta la verità" e quei quattro fetentoni giurano! Si attaccano di falso!
Dottore: Naturale!
Don Antò: Già! Prove non ce ne sono e se ci sono spariscono perchè i denari tengono i piedi, tengono le ruote, i carte de dieci mila lire sono motorizzate. E allora l'ignorante non solo perde la causa ma si piglia pure quattro querele per diffamazione.
Allora invece di correre il pericolo di andare in tribunale per appianare la faccenda va di persona dalla parte avversaria e si fa giustizia da solo. Va in galera lo stesso, sì signore, ma la parte avversaria se ne va al camposanto.
Professò, ma io non sono un assassino? Giacchino o' guardiano della tenuta Marvizzo chi l'ha ucciso? Io. E la ragione la sapete?
Dottore: No e non ve l'ho mai chiesta.
Don Antò: E se vi dico che la ragione era dalla parte mia ci dovete credere. Quella carogna doveva morire. Carogna! Mi creai tutti gli alibi, presentai otto testimoni falsi e fui assolto per leggittima difesa. Oggi sono incensurato e ho il porto d'armi.
Dottore: Che significa?
Don Antò: Come che significa? Professò, che chi tiene i santi va in paradiso e chi non li tiene...
Dottore: Va all'inferno!
Don Antò: No. Viene da me.
...
Don Antò: Venite avanti, Chi siete?
Nait: O' Nait
Paòummiello: Io sono o' Paòummielloo
Don Antò: Tu sei stato ferito alla gamba?
Paòummiello: Sì.
Don Antò: Che cosa è successo?
Nait: Io lavoro al porto. Quando arrivano gli americani io li avvicino e quando trovo l'elemento adatto lo accompagno al locale Colorado.
Ora mò sono un po' cagionevole di salute... capirete, la vita di notte, l'umidità. So' stato a letto 25 giorni con la bronchite e la polmonite. Stù fetentone si è presentato alla direzione del Colorado e si è proposto per fare il lavoro mio.
Don Antò! La pagnotta è pagnotta!
Paòummiello: Ma non mi sono presentato! Mi hanno invitato!
Don Anto: e vabbè... l'hanno invitato... di quale rione sei?
Paòummiello: Montecalvario.
Nait: Io della Sanità.
Don Antò: Ahh.. della Sanità! Bravo! Sei armato?
Nait: Sìsì.
Don Antò: Tieni la rivoltella... Mettila sul tavolo. Le mancanze sono due: una l'ha commessa o' Paòummiello nei confronti du Nait.
Nait: (Paòummiello) Hai visto?
Paòummiello: Che cosa?
Don Antò: Il Colorado è il locale frequentato da lui, s'è impiegato là, insomma porta la campata a a casa, a pagnotta è pagnotta! Non ti permettere chiù.
Paòummiello: Si Signore.
Don Antò: t'aggia fa sorveglià?
Paòummiello: non ce n'è bisogno.
Don Antò: Un altro lo ha commesso o' Nait nei confronti miei. O' Paòummiello ha sgarrato ma il suo sgarro non si punisce con un colpo di pistola. Arò simmo arrivati? Tu sei della Sanità. Perchè non sei venuto da me prima di sparare? E perchè quando hai sparato lo hai portato quà e non al Pronto Soccorso? Hai avuto paura! Ti se messo paura d'o referto medico?
Nait: No Don Antò perchè se lui vuole soddisfazione...
Don Antò: E sparisse a te! E allora non finisce chiù! Ma siete giovani! Lo volete capire che la vita si rispetta? Io sparo a te, tu spari a me, poi escino i padri, i madri, i frati e sorete, i cumpari, i cumparielli, a carneficina! A guerra mondiale!
Non ti permettere più. N'altra volta ti denunzio io, ti faccio incarcerare, non ti faccio arrivare nemmeno un sorso d'acqua, manco nu fazzoletto pulito. Ti faccio venì i pidocchi dentro a cammisa.
L'incidente è chiuso. Datevi la mano.
Atto II:
Dottore, Armida (moglie di Don Antò), Rituccia (fidanzata di Rafiluccio, panettiere), aspettano il ritorno di Don Antò.
Rituccia, incinta, si sente male e viene accompagnata nel salone.
Armida: Professò non è meglio c'a fa na' visita? A me me pare che la ragazza è incinta...
Rituccia: di sette mesi.
Armida: (a Rafiluccio): ah.. è vostra moglie?
Rafiluccio: è a femmina mia.
Armida: Professò visitatela!
Dottore: e che la visito a fare? Qua si tratta di denutrizione... Vedete com'è pallida? Guardate che razza di occhiaie che tiene... ma questa povera figlia ha freddo... A che ora hai mangiato?
Silenzio.
Dottore: Non ha mangiato!
Rafiluccio: No professò.
Dottore: Qua si tratta di appetitito arretrato, la ragazza manca di nutrizione adeguata.
Rafiluccio: esatto
Dottore: Eh! Tu poco fa hai detto con tanta spavalderia: "è a femmina mia!" E poi mi vieni a dire che sta digiuna?
Rafiluccio: Professò, questa ragazza che avete visitato la vedete? è niente. Sono quattro ossa messe insieme che una persona sbadata può fare così con le mani e dice: questa è roba inutile, non serve. E senza pensarci sopra le butta in un angolo in mezzo ai rifiuti e non ci pensa più. Veste alla moda? No signore. Porta le calze di seta? Non le porta. Va dal parrucchiere? Non ci va.
Eppure quelle quattro ossa messe assieme, proprio come sono state messe, in quella stessa posizione, con quegli occhi e quella pelle, questa cosa da niente, la vedete? è a femmina mia.
E a me? Guardatemi. Io che cosa rappresento? Quattro ossa schifose che chiunque farebbe così per farle finire nell'immondizia. Ma per lei queste quattro ossa schifose sapete che rappresentano? L'ommo suo!
Rituccia: quant'è bello!
Rafiluccio: lavoro al porto come facchino, saltuariamente, e quando non entro in quota perchè siamo tanti, mi chiudono il cancello in faccia. Mi propongo come uomo di fatica, manovale, facchino, guardiano, guardiacesso, faccio qualunque cosa. Quando guadagno una lira la porta in mano a issa. Un pezzo di pane si divide in due, quando ce stà. E quando non ce stà niente per lei e niente per me.
Dottore: e morite di fame tutti e due?
Rafiluccio: No. Tutti e tre. Perchè la creatura che Rita tiene nella pancia è figlia a me.
...
Don Antò: Tu sei la fidanzata di Rafiluccio eh?
Rituccia: A fidanzata proprio no...
Don Antò: e lui così dice.
Rituccia: accusì dice quando c'è gente strana e mi deve presentare ma se ce lo domandate in confidenza dice che io so la femmina sua.
Don Antò: e tu sai che significa quando l'omo dice: chista è a femmina mia. Figlia mia, "a femmina mia" non si usa nè per la moglie nè per la fidanzata. In tutti e due i casi diciamo, per la donna è un'offesa. A mugliera è mugliera e quando si deve parlare di lei bisogna dire: la mia signora. L'omo serio e di conseguenza si serve di questa denominazione "a fimmina mia" in due casi solamente.
Primo: quando tiene la necessità assoluta di parlare della sua amante o concubina. Ma l'interlocutore dev'essere uomo serio, positivo e di provata fedeltà.
Secondo: nel caso pietoso in cui un uomo svelto e provocatore vuole salvare una donna qualunque, anche una prostituta, dalle insidie di una comitiva di uomini allegri e litigiosi, allora, lui si dichiara possessore provvisorio dell'oggetto femminile e dice: Guagliò, questa non si tocca, è a fimmina mia.
Rituccia: all'epoca vostra forse significava quello che avete detto voi, ma siete vecchiariello...
Don Antò ride.
Rituccia: Non ho conosciuto i genitori. A 15 anni, quando stavo a servizio da una famiglia, andavo a comprare il pane nella panetteria di Rafiluccio. Per quasi sette anni io non guardavo Rafiluccio e Rafiluccio non guardava a me. Io entravo, compravo il pane e me ne uscivo. Una mattina, un anno e mezzo fa, stavo comprando il pane come al solito, quando un meccanico che comprava certi taralli fa: posso offrirvi il cinematografo stasera?
Mi dispiace, dicetti, ma non vado al cinematografo con chi non conosco.
Don Antò: Brava! Brava! Brava! Molto bene.
Rituccia: Non fa niente, dicette o' meccanico, vuol dire che ce ne andiamo io e Rafiluccio. Rafilì ci sei? No, rispose Rafiluccio, questa sera è impossibile. E mi guardava fisso dint'agli occhi. Tengo un appuntamento alle 9 precise davanti al cinema di Santa Lucia. E mi seguitava a guardà. Io capii!!!
Don Antò: Eh eh.. tu capisti!
Rituccia: Alle 9 precise davanti al cinema di Santa Lucia sentii il braccio di Rafiluccio che passava sotto al mio. Io camminavo con gli occhi chiusi non vedevo niente. Aspettavo che mi diceva qualcheccosa. Finalmente mi dicette: mi vuoi bene?
A sett'anni dicetti io. E tu? Quand'è che hai pensato a me pa prima volta? Sette anni fa. Due persone, uno pensiero.
...
Don Antò: Rafilù, io conosco uomini e cose, ho viaggiato, e la vita la conosco. Tu due ore fa mi hai detto freddamente che domani mattina avresti ucciso tuo padre. Adesso ti vedo impacciato e reticente. Significa che hai cambiato idea? Meglio. Meglio così. Picchè abbi a uccidere tuo padre?
Rafiluccio: No no, Don Antò, voi mi mettete in soggezione. Il rispetto che tengo per voi non mi permette di parlarvi sfacciatamente. Ma l'uomo è uomo e quello che ho detto due ore fa lo sosterrò.
Don Antò: Hai deciso perchè l'uomo è uomo...Io ti dico che l'uomo è uomo quando non è testardo. Quando capisce che è il momento di fare marcia indietro e lo fa. Quando riconosce un errore commesso, se ne assume le responsabilità, paga le conseguenze e chiede scusa. Quando riconosce la superiorità di un altro uomo e ce lo dice. Quando amministra e valorizza nella stessa misura tanto il suo coraggio quanto la sua paura. Siete padre e figlio, lo vuoi capire o no?
....
C'è un'altra cosa che non dice bugie, professore: è la morte. L'uomo, che appartiene alla stirpe schifosa e falsa dell'umanità, per commettere ingiustizie può fingersi muto, sordo, cieco, malato di cuore, paralitico, tisico, scemo, pazzo, può fingersi moribondo e i medici, compreso voi, devono fare prove, lastre, accertamenti, per vedere se la malattia o l'infortunio sono veri. Ma quando è morto il cuore dice la verità.
Si ferma.
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