20100104

Gente di “Spirito” vs “Scarpe grosse”

Tratto da: Facezie, motti e burle del Piovano Arlotto (Ed. L.E.F.)

Al ritorno dal Casentino il Piovano Arlotto, una domenica sera alloggiò in una osteria a Pontassieve, tutto molle, stracco e pieno di freddo e di fango perché durante l'intera giornata non era mai finito di piovere e così tutta quella notte. Smontato da cavallo se ne andò vicino a un gran fuoco che gli aveva fatto l'oste, dove c'erano forse trenta contadini, perché in verità oltre a piovere, era freddo, e sempre, il giorno e la sera della festa, è loro usanza riunirsi nell'osteria a bere, giocare, e raccontare quelle loro novellacce e bugie.

Quella sera stavano fitti intorno a quel fuoco e quasi addosso al Piovano, di modo che il pover'uomo non poteva né asciugarsi né scaldarsi e nemmeno voltarsi, se non a malapena, e l'oste ed egli stesso avevano un bel dire: quei contadini non volevano andarsene.

Indignato, il Piovano pensò in che modo potesse allontanare quei villani dal fuoco. Cominciò a starsene malinconico e afflitto; non si rallegrava, non parlava, non motteggiava.

Di questo fatto molto si meravigliò l'oste, che sapeva che il Piovano di solito era sempre lieto e giocondo, mentre quella sera parlava appena, e disse: Piovano, che avete questa sera che siete così in estasi? Perché mi pare impossibile e contrario alle vostre abitudini e alla vostra natura: di solito sempre siete lieto e allegro. Se vi sentite male o avete qualche noia, ditelo, perché non c'è cosa che io e tutti i miei parenti non faremmo per voi - infatti l'oste pensava che avesse ricevuto una villania da qualcuno in Casentino, perché quei contadini sono uomini cattivi.

Il Piovano rispose: - Mi è capitato un caso disgraziato: da questo carniere mi sono cadute circa quattordici lire di moneta e diciannove fiorini larghi, ma spero di ritrovarne qualcuno, perché so di averli perduti a non più di cinque miglia di qui. In quel posto io ho bevuto, e nel montare a cavallo, a mezzo miglio da lì, dopo che ero sceso per fare un po' d'acqua, il carniere si stracciò a una bulletta dell'arcione e quei danari mi sono cascati a poco a poco da dove si è rotto il carniere, e so che per via del tempo nessuno mi è venuto dietro.

Voglio un piacere da te: che domattina di buon'ora, se non piove, tu venga come me, o che tu mandi chi vuoi, per ritrovarne qualcuno.

Non aveva finito di dire queste parole, che pian piano si videro partire quei contadini, a due, a quattro, a sei, e non restò nessuno, e tra loro fecero un certo pissi pissi e insieme si accordarono di andare a cercare quei denari per rubarli al Piovano.

E subito, con fiaccole, lanterne e cappe, incuranti del cattivo tempo, infatti pioveva forte, andarono in cerca di quei denari - tra loro c’era anche il figliolo dell’oste e due suoi nipoti -, che si ebbero la mala e pessima notte, e più di tre si buscarono bruttissime febbri. Il nostro Piovano stette ben largo vicino al fuoco e trionfò, e quei contadini trovarono i denari in sogno.

L’oste la mattina volle abbonargli il conto e desiderava andare ad aiutarlo a cercare, e non aveva capito che quei contadini erano già andati la notte.

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