20080223

Il Carnefice

Tratto da:

Il Macellaio - Alina Reyes

Tra i libri della nutrita biblioteca erotica che possiedo questo è il mio preferito e non solo perché carnivora appassionata.

Ho tralasciato un po' a malincuore di trascrivere i passi di sesso esplicito in quanto mi interessava evidenziare l'importanza dell'eccitamento mentale.

C'è questa forte sofferenza per un amore mai dimenticato e mai vissuto fino in fondo che si sfoga con la precisa volontà di distruggere quei sentimenti.

Non è chiara l'età dei personaggi anche se è facile ipotizzare una notevole differenza. Ad una lettura superficiale l'atteggiamento della protagonista può far pensare ad un comportamento dovuto alla ripicca per l'abbandono, ma io vi leggo qualcosa di psicologicamente più profondo.

A parer mio, il vero protagonista di questa storia è il sesso, usato come annientamemto di sé e personificato nella figura del macellaio. Un po come succede nel libro di Melissa P, ma qui c'è una maggiore consapevolezza di quello a cui si va incontro.

Contrariamente a quanto si pensi questo genere di situazioni è piuttosto comune ma non tutti hanno la forza interiore necessaria per renderesene conto e analizzarne le cause.

L'atteggiamento a cui mi riferisco è il sesso fine a sé stesso: un baratro gigantesco e pericoloso, perchè spesso il dono che facciamo di noi stessi è finalizzato al ricevimento di qualcosa di totalmente diverso:

Amore.

Non "buttiamoci via" in attesa di sentimenti desiderati ma non sempre possibili e non è colpa di nessuno perchè le emozioni del cuore non si possono dominare.

Generalizzando, ma neanche poi tanto, credo sia importante chiarire che, anche letteralmente, non è "regalandosi" carnalmente che possiamo ottenere amore, ma esattamente il contrario.

E allora il sesso diventa il complemento perfetto, la splendida e appagante perfezione dell'unione completa tra due persone.



L'odore dolciastro della carne cruda mi saliva alla testa. Vista da vicino, nella luce piena della mattinata estiva che si riversava all'interno della lunga vetrina, era color rosso-vivo, bella fino alla nausea. Chi ha detto che la carne è triste? La carne non è triste, è sinistra. Sta alla sinistra della nostra anima, ci cattura quando meno ce l'aspettiamo, ci trasporta su mari densi, ci affonda e ci salva; la carne è la nostra guida, la nostra luce nera e spessa, il posto d'attrazione in cui la nostra vita scivola a spirale, risucchiata fino alla vertigine.

...

E il macellaio che mi parlava di sesso per tutto il giorno era fatto della stessa carne, ma calda, e di volta in volta molle e dura: il macellaio aveva i suoi pezzi di prima e di seconda scelta, esigenti, avidi di bruciare la loro vita, di trasformarsi in polpa. E lo stesso era delle mie carni, di me che sentivo il fuoco tra le gambe alle parole del macellaio.

A quell'ora il padrone e la macellaia finivano di preparare il banco al mercato coperto e facevano le ultime raccomandazioni ai commessi; i clienti erano ancora poco numerosi. Come ogni volta che rimanevamo soli, il macellaio e io, il gioco ricominciava, il nostro gioco, la nostra preziosa invenzione per cancellare il mondo. Il macellaio veniva ad appoggiare i gomiti sulla cassa, vicinissimo a me. Io non facevo niente, stavo seduta bella dritta sullo sgabello alto. Ascoltavo soltanto.
E sapevo che, mio malgrado, lui vedeva il desiderio crescermi dentro alle sue parole, e sentiva quale fascino esercitavano su di me le sue melliflue manfrine.
"Scommetto che hai già le mutandine tutte bagnate. Ti piace che ti parli eh? Ti piacerebbe godere soltanto con le parole... Bisognerebbe allora che ti parlassi molto a lungo... Se ti toccassi, vedi, sarebbe come con le parole... Dappertutto delicatamente con la lingua... Ti prenderei tra le mie braccia, farei di te tutto ciò che vuoi, saresti la mia bambolina, la mia piccolina da coccolare... Vorresti che non finisse mai..."

...

Nel mio stato di semincoscienza mi chiedevo se fosse sul punto di godere, trascinandomi con sé; se non fossimo sul punto di lasciar colare da noi il piacere con quel fiotto di parole; e il mondo era bianco come il suo grembiule, come la vetrina e come il latte degli uomini e delle mucche, come la pancia grossa del macellaio, sotto la quale si nascondeva ciò che lo spingeva a parlare, a parlarmi sul collo non appena ci ritrovavamo soli, e giovani e caldi come un'isola in mezzo alla carne fredda.

...

Avevo incontrato Daniel da mio fratello. Daniel e mio fratello mi prendevano garbatamente in giro perchè me ne stavo in giro a dipingere cose minuscole; mi parlavano in tono paternalistico, come se fossi la sorellina minore di entrambi; mi trovavano graziosa quando per lavorare mi facevo la coda di cavallo.
Io, per lasciarmi morire d'amore come nelle favole, rinunciavo a mangiare e ogni giorno osservavo nello specchio il disegno sempre più sporgente delle costole, e il pallore che mi veniva dalla debolezza: avevo le vertigini, il mio corpo era leggero, ero trasparente al mondo.
E nel pomeriggio mi mettevo a letto, piangevo nel guanciale pensando a Daniel, e finivo col togliermi le mutandine per accarrezzarmi nella dolce malinconia e godere fino alla spossatezza.

Quella notte, quando eravamo rientrati tardi dal concerto, mio fratello mi aveva proposto di dormire da lui.
Ero stata costretta a rivoltarmi per più di un'ora nel lettone del salotto prima di alzarmi come una sonnambula, entrare nella stanza di Daniel, sdraiarmi al suo fianco.
Lui mi aveva presa tra le braccia, stretta contro di sé, e avevo sentito il suo membro indurirsi contro la mia pancia.
Rideva per il fatto di trovarmi lì, nuda in piena notte nel suo letto: e io sentivo crescere in me la paura di fronte all'atto da compiere, al corpo dell'uomo da scoprire.
Volevo amare, volevo Daniel, e mi abbarbicavo disperatamente con la pelle alla sua pelle, col mio calore al suo calore, e lui entrò in me due volte e due volte mi fece male.
Già mattina. Me ne andai a piedi. Cantavo, ridevo. Non avevo provato il piacere supremo, ma ero sverginata e folle d'amore.
Rientrata a casa avevo divorato tre arance, avevo ripensato a tutto, non potendo impedirmi di sorridere. Non sapevo ancora che lui se ne andava. Non sapevo ancora che lui se ne sarebbe andato così spesso per tornare così di rado, che l'attesa sarebbe stata così lunga, così poche le notti e mai il godimento.

...

Daniel, questo pomeriggio, forse, andrò dal macellaio. Non ti arrabbiare, amo soltanto te. Ma il macellaio è pieno di carne e ha l'anima di un bambino.
Daniel, questo pomeriggio andrò senz'altro dal macellaio. Non cambia niente, amo te soltanto. Ma il macellaio è un vizioso, non voglio che continui a sognare di me.

...

Se vado dal macellaio, sarà come uccidere noi due, Daniel. Passando sul mio corpo col suo corpaccione, il macellaio assassinerà il tuo corpo sottile e sodo.

Quando il macellaio sarà nel mio corpo Daniel saremo morti la nostra storia sarà morta e farà momenti belli dei miei prossimi dolori il macellaio con la sua lama ben affilata il macellaio con la sua lama squarcerà il mio grembo e noi ce ne andremo dal grembo in cui eravamo non avremo più abbastanza amore nelle mani per toccarci ancora e ci strapperemo a noi stessi e io ti piangerò il macellaio con la sua lama affonderà e affonderà ancora affonderà e affonderà ancora fino a colmarmi del suo latte bianco e io avrò occhi che sanguinano Daniel e il grembo che ride e non ti scriverò oppure sì ancora una volta tu mi hai abbandonata e io ti lascerò perchè il ladro della luna non tornerà mai a cogliere le stelle ci saranno fantasmi stranamente somiglianti a te nel viso scuro verranno nel mio letto e io li cullerò ci daremo tutto nello spazio di una notte Daniel Daniel senti come la mia voce si fa flebile il macellaio m'ha buttata completamente nuda sul bancone e ha alzato la mannaia la mia testa rotolerà sul ceppo sanguinante e non ti vedrò più non ti sentirò più l'altro mi leccherà con la lingua così fresca l'altro mi mangerà come ha promesso e non ci saremo più ne é tu né io io starò bene.

...

Lo feci spogliare nudo, stendere per terra sulla schiena. Con gli elastici dell'estensore gli legai le braccia ai piedi della poltrona, le gambe a quelli del tavolo.
Eravamo entrambi stanchi. Sedetti sulla poltrona, lo guardai un momento, immobile e con gli arti allargati.
Il suo corpo mi piaceva così, pieno di carne aperta e prigioniera, dilaniata nella sua splendida imperfezione. Uomo sradicato, di nuovo inchiodato al suolo, il membro come un perno fragile esiliato dalle tenebre ed esposto alla luce dei miei occhi.

...

Avevo voluto rimettere la gonna bagnata, me n'ero voluta andare a piedi. La pioggia s'era calmata.
Senza volerlo giunsi alla spiaggia. Il mare era agitato, la sabbia bagnata, non c'era nessuno. Scesi fino all'acqua. era scura, e trasportava cumuli di schiuma grigia. Costeggiai l'acqua zigzagando, mentre le onde andavano e venivano, portando milioni di bollicine simili alla schiuma del sapone.
Le dune avevano il colore e le forme della carne.
Infilai due dita nella massa umida e molle. Il mare non smetteva di mormorare, di fregarsi senza posa contro la sabbia, di inseguire il proprio godimento.
Dov'è l'amore se non nel male cocente del desiderio, della gelosia, della separazione?
Ma Daniel si sdraierà contro il mio corpo. Daniel è morto, l'ho sepolto dietro la duna. Il corpo che più non amerò, il corpo che il coltello da macellaio ha tranciato, separato dal mio. Fantasma che continua ad amare lontano da me, fantasma, il mio grembo è spalancato. Mi sono fabbricata il tuo sesso con due dita per fottere la terra, quella troia, che non vuole amarmi, io uomo, io donna, carne e sangue, grembo dilaniato dai parti, carne mortale da abitare.

...

L'alba mi raccattò nel fosso. Ero sporca, piena di terra, assetata, stesa in un buco che d'inverno serviva per lo scolo dell'acqua.
Quando cercai di uscire dal bosco, mi resi conto che non potevo muovermi. Il braccio destro, dalla spalla alla mano, era paralizzato. Al minimo movimento, fitte dolorose mi partivano dalla schiena e dalle gambe.
Mi misi a strisciare sul gomito sinistro senza fermarmi, nonostante il dolore che mi trafiggeva a ogni minimo movimento. Guadagnai terreno a minuscoli passi, passi in miniatura che avrei potuto far entrare nei miei quadri. Risi pensando a Daniel, ai nostri amori buttati via, alla sua lucidità da quattro soldi.
Ridevo senza voce, con fitte nelle costole e nella schiena ad ogni sussulto. Ma ero felice e risi ancora, la faccia contro gli aghi di pino.

Per fortuna non c'era nessuno. Chi mi avesse vista lì avrebbe subito avuto pietà di me, avrebbe sciupato tutta la mia gioia colma di speranza.
Così sono gli altri: non vedono la bellezza della vostra vita, la vostra vita sembra loro orribilmente triste se, per esempio, non siete abbronzati in piena estate. Vogliono che vediate come loro dov'è la vera gioia, e, se avete la debolezza di lasciarli fare, non avrete mai più occasione di dormire soli in un fosso, rotti nel corpo, in una notte nera.

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