20081201

In vena di ricordi



Erano due fratelli, Bruno e Marino.

Bruno, il maggiore, era un uomo preciso, metodico, ingenuo e onesto fino all'inverosimile, che aveva preso per moglie una donna forte che amava per continuare a fare il suo mestiere: il contadino.

Marino invece era bello come il sole, estroso, artista, con un carattere chiuso e impenetrabile che aveva un grande sogno nel cassetto: fare il marinaio.

C'era (e c'è ancora) una vasca, che a quel tempo poteva essere paragonata ad una piscina che pochissimi poderi avevano.

E lì Marino si allenava, su e giù per quella vasca, in attesa della sperata risposta positiva che lo avrebbe fatto entrare in Marina.

Quella lettera non arrivò mai a destinazione perché i parenti anziani la strapparono di nascosto: doveva mandare avanti il podere con il fratello, non poteva scegliere.

Marino non fu più lo stesso. Troppo deluso non provò neanche a ribellarsi a quello che era stato deciso come il suo destino, si chiuse sempre di più e lavorò la terra.

Ed era bravo.

Aveva la capacità di riuscire brillantemente in qualsiasi cosa facesse, anche quando andò a lavorare in una cava di travertino.

Bruno e Marino la comprarono e arrivavano da svariati posti della Toscana per acquistare il travertino che tagliavano i due fratelli lavorando duramente, senza sosta, spaccandosi la schiena.

La Collegiata del paese è rivestita da quel travertino.

Dovettero vendere la Cava per pochi spiccioli "per il bene del popolo", prima che gli venisse espropriata per il medesimo motivo.

Inutile dire che quel "bene del popolo" non ci fu neanche lontanamente... ma di questo non voglio ricordare niente.

Bruno era mio nonno.

Marino era lo zio Marino.

Bruno morì che avevo tre anni e ancora me lo ricordo, Marino prese il suo posto come nonno e come contadino.

Portò avanti il podere completamente da solo.

Mi portava da bambina, d'estate, al bar del paese e in un certo senso mi proteggeva perché al mio arrivo era guardata dagli altri bambini sempre un po' di traverso... "è arrivata la fiorentina" dicevano fra loro.

A quell'età mi sentivo emarginata da quei contadinotti ma col tempo imparai a trarre vantaggio dall'essere considerata una cittadina.

Mi comprava la coppettina Sammontana panna e cioccolato, sempre quella, e non mi diceva niente.

Ma non potrò mai dimenticare quanto amore ci fosse in quella carezza sulla mia guancia, in quel suo sorriso rassicurante, senza parole, non c'era bisogno, io capivo.

Quante volte mi portava alla trebbiatura che era come una festa per me, o a vedere i maialini appena nati, o a cavallo delle mucche del suo fratello di latte.

Sul trattore (che c'è ancora) non mi ha mai voluto portare perché era troppo premuroso ma quante volte l'ho visto arare il campo fino al tramonto.

Quanta terra hai lavorato Marino!

Quanto eri infelice.

L'ho sognato molti mesi fa vestito come Corto Maltese, una bianchissima uniforme da marinaio.

Nonostante sia morto da una ventina d'anni deve aver realizzato il suo sogno da non molto.

Non mi ha detto niente, solo il suo sorriso.



Perché i film di Totò mi alzano il morale:






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